Il potere della musica: le emozioni | ||||||||
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I primi studi sulle risposte emotive alla musica risalgono al 1936, quando la psicologa e musicologa Kate Heiner dimostrò che vi sono due elementi essenziali che il nostro cervello utilizza per elaborare una risposta emozionale alla musica: il MODO, cioè la tonalità (Maggiore/minore), e il TEMPO, cioè la velocità di esecuzione (Veloce/lento). Si è così notato che dalla combinazione del modo e del tempo l’uomo ricava delle emozioni che possiamo definire UNIVERSALI. | ||||||||
La chiave di lettura è la seguente:
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Che queste risposte emotive siano comuni a tutti, è dimostrato da un altro importante esperimento compiuto in tempi più recenti all’università di Montreal da Isabelle Peretz: questa studiosa ha registrato le modificazioni indotte dalla musica su vari parametri fisiologici, come la pressione del sangue, la frequenza cardiaca e la conduzione elettrica della pelle (la cosidetta reazione elettrodermica). In questo esperimento un gruppo di soggetti è stato sottoposto all’ascolto di diversi brani musicali che erano classificati come allegri, sereni, paurosi, tristi. Ebbene, si è dimostrato che le musiche producevano il medesimo effetto in tutti gli ascoltatori, indipendentemente dal giudizio soggettivo sul tipo di emozione suscitata. | ||||||||
Ad esempio i brani classificati come paurosi erano quelli che determinavano la maggiore reazione cutanea, caratterizzata da un rilevante incremento della sudorazione. Il fatto che queste risposte fisiologiche siano indipendenti dai giudizi soggettivi dimostra che l’ascoltatore non è necessariamente consapevole dell’effetto che la musica esercita su di lui e ci fa intravedere quale potere la musica abbia sui nostri comportamenti. |
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